PROFESSIONI DI AIUTO

Il burnout è un insieme di sintomi che deriva da una condizione di stress cronico e persistente, associato al contesto lavorativo.
E’ stato particolarmente studiato in campo sanitario come reazione difensiva attraverso cui gli operatori esposti a contatto prolungato con la sofferenza e la morte si isolano dalle conseguenze dello stress emotivo mediante una corazza di indifferenza e cinismo che in tal modo diventa “un mezzo per assicurare a se stessi che sono realmente normali”.
Un illustre antecedente di questa tendenza, in campo analitico, è data appunto dalla definizione di “sadico sublimato” coniata da Freud per il chirurgo “veramente abile” – per quanto in questo caso la pulsione sadica rappresenti piuttosto un presupposto della scelta professionale più che una difesa dal sovraccarico emotivo cui tale scelta espone (il che vale- a detta dello stesso Freud – anche per gli psichiatri che prendono una tale specializzazione “per il fatto che non si sentono normali”)..
La recente esperienza della pandemia ha evidenziato questa situazione di sovraccarico in capo agli operatori sanitari e non solo a quelli impegnati in prima linea negli ospedali.
Si tratta di un fenomeno presente anche nelle fasi non emergenziali e ben noto all’interno delle organizzazioni sanitarie (ospedali, cliniche, ASL) che da tempo ne hanno preso consapevolezza attivandosi di conseguenza a tutela degli operatori con attività di prevenzione, formazione e sportelli di ascolto psicologico.
Sul pubblico incombe l’ombra della “malasanità” evocata a proposito e sproposito in molti casi oltre al rischio – esteso ormai alla stessa sfera dell’incolumità fisica – come nel caso degli operatori di PS in certi presidi ospedalieri “di frontiera”.
Né il settore privato – a partire dai medici di base – è naturalmente esente dal problema.
Sul privato incombe il rischio della denuncia per incompetenza o abuso – come nel caso dei ginecologi ingiustamente denunciati per molestie da loro pazienti mitomani.
Così i pediatri di famiglia descrivono l’esperienza attraversata durante l’emergenza Covid 19: “razionalmente va tutto bene, ma chi è stato chiamato ad agire in emergenza, in un clima di totale disorientamento professionale, dove tutto era sovvertito rispetto al passato (basti pensare all'indicazione ricevuta di non visitare i pz febbrili: l’esatto opposto di ciò che abbiamo sempre fatto!), proprio ora potrebbe avvertire, in modo più consapevole, il peso emotivo e psicologico di quello che è accaduto, che ha subìto e che tuttora è presente come minaccia nascosta e incombente”.
Quando si deve affrontare concretamente un problema e risolverlo, nella fase acuta di stress, la capacità autoriflessiva (di pensare consapevolmente a ciò che sta accadendo) si assottiglia perché, essendo concentrati sul presente e su quel che si è chiamati a fare, "non ci si rende conto" di quello che emotivamente sta succedendo.

Sia in emergenza sia in tempo di pace tutto ciò avviene più volte ogni giorno –paziente dopo paziente, terapia dopo terapia- anche se si è tra le quattro mura del proprio studio e riguarda medici, infermieri, operatori socio-sanitari, personale ausiliario di strutture assistenziali.

Un altro stressor, tipicamente collegato all’esercizio della professione medica, soprattutto in tempi recenti, è costituito dai molteplici profili di responsabilità collegati alla violazione dell’obbligo di protezione verso il paziente e di tutela della sua salute al di là dell’unico obbligo del “neminem ledere” che intercorre tra due persone qualunque che si incontrano casualmente (responsabilità cd “da contatto sociale qualificato”).
A valle di questa esposizione prolungata a fattori stressanti gli operatori sanitari possono avvertire il bisogno di aiuto per un disagio emotivo che può manifestarsi attraverso una molteplicità di sintomi.
In occasione dell’emergenza della pandemia RETLIS ha attivato, d’intesa con la Federazione Nazionale dei Medici Pediatri, un servizio di consulenza psicologica a distanza (attraverso telefono o videochiamata) rivolto a tutti coloro che avvertissero il desiderio di un maggiore contatto con la propria interiorità e il proprio malessere, nel massimo rispetto della privacy.
Qualora si trovasse in questa condizione e fosse un operatore sanitario non esiti a contattarci.

 

 

 

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