RETLIS è una Associazione di psicologi analisti riconosciuta dalla Regione Lazio che opera nel campo della Promozione Sociale con due strutture attive a Roma:
Il Consultorio per Famiglie e Adolescenti “Beato Fra’ Gerardo” di Via Vittorio Montiglio, n.18 - zona Pineta Sacchetti;
Il Centro clinico contro la Violenza, l’abuso e il maltrattamento di: Via Salvatore D’Amelio, n. 24 – fermata Cornelia Metro A
I professionisti associati nella RETLIS applicano il punto di vista della Psicologia Analitica di Jung, declinata secondo l’approccio “comunicativo” di Langs.
Ciò vuol dire, in pratica, da un lato maggiore apertura alla dimensione “spirituale” degli esseri umani, dall’altro attenzione al setting ovvero all’insieme di regole che rappresentano la cornice della relazione e ne fondano la valenza curativa.
Si tratta di un lavoro basato sull’analisi delle dinamiche inconsce profonde attivate dal contesto adattivo a seconda del problema (es. relazioni intime, esercizio della genitorialità, dipendenze comportamentali, abusi etc.) e dalle interazioni comunicative tra i partecipanti.
L’obiettivo è la risoluzione dei nodi conflittuali inconsci che - ostacolando il processo di sviluppo e il miglioramento del benessere psicologico – di fatto impediscono l’elaborazione del problema e quindi il superamento del comportamento sintomatico.
E’ un approccio in controtendenza rispetto alle nostre società dominate da pulsioni egoistiche di natura edonistica e “onnipotente”, appiattite sul “successo” declinato in termini di “potere” e “possesso”, votate al “tutto e subito”.
Non di rado tale approccio può ingenerare incomprensioni - al di là dei nostri limiti soggettivi come operatori - ma, alla distanza, laddove seguito coerentemente, garantisce risultati più profondi e duraturi in quanto fondati su movimenti di tipo individuativo in direzione del Sé autentico dei pazienti.
Ciò non vuol dire terapie lunghe e costose.
Il pacchetto che RETLIS offre è anzi contenuto nel tempo e gratuito e comprende:
Consulenza psicodiagnostica
Percorso trimestrale di orientamento.
La prima fase mira a inquadrare la problematica portata in consultazione nei termini condivisi della nosografia corrente, senza tuttavia stigmatizzazioni né “etichettature”.
A tal fine viene utilizzata un’ampia gamma di test standardizzati che costituiscono un riferimento per l’indispensabile approfondimento attraverso il colloquio clinico condotto anche con l’ausilio di schemi di intervista strutturata.
Il secondo step, utilizzando le risultanze del primo, mira a condividere con il consultante l’utilità di iniziare un percorso terapeutico e a verificare la sussistenza dei pre-requisiti individuali necessari per poterne prevedere un esito positivo – a cominciare da una genuina motivazione.
E’ prevista una seduta settimanale da quaranta minuti per tre mesi.
Queste prime due fasi sono svolte nell’ambito del Consultorio Beato Fra’ Gerardo che offre consulenze psicologiche gratuite a tutti coloro che avvertono il desiderio di un maggiore contatto con la propria interiorità e il proprio malessere.
Il personale ha vasta esperienza sia testologica sia clinica e pratica la più rigorosa correttezza deontologica.
Il Consultorio esaurisce qui la sua funzione.
Il successivo trattamento dovrà necessariamente essere a titolo oneroso per il paziente in quanto l’onerosità rappresenta in tutti gli approcci, analitici e non, elemento fondamentale di un setting corretto e non inquinato.
E’ altrettanto importante chiarire che RETLIS pratica il principio “del terapeuta di libera scelta da parte del consultante”.
Ciò significa che dal Consultorio non verranno operati invii verso il Centro Clinico. Volendo i consultanti potranno rivolgersi autonomamente al Centro Clinico laddove valutino positivamente la relazione instauratasi con il professionista che li ha presi in carico al Consultorio e intendano proseguirla in ottica di continuità assistenziale.
Consultorio e Centro Clinico conservano archivi separati e non comunicanti degli accessi. Per ogni accesso viene impiantata una separata cartella clinica.
Può consultare la Carta dei Servizi di RETLIS all’omonimo link del Main Menu.
Per approfondire la cornice teorica in cui si inquadra l’operatività assistenziale di RETLIS può consultare:
dal Main Menu del sito il link L’ASSOCIAZIONE;
dal Sidebar Menu del sito i link collegati IL NOSTRO APPROCCIO, IL CONSULTORIO, IL CENTRO CLINICO, LA RIVISTA SCIENTIFICA e LA SCUOLA DI FORMAZIONE.
Nella pratica clinica talora la coppia si presenta in quanto tale, per un problema che riguarda i partner e la crisi della loro relazione affettiva, sentimentale, sessuale oppure la loro genitorialità, messa alla prova dal comportamento di un figlio o di una figlia problematici. La coppia si presenta, in genere, quando la crisi è già in atto e la domanda varia dalla richiesta di mediazione familiare alla terapia “di coppia” che aiuti a superare il momento di stallo. In molti casi la crepa manifestatasi nel rapporto tra i partner o tra genitori e figli tende velocemente a propagarsi all’intero edificio familiare, con il rischio di fratture irreversibili e talora esplosive che ne possono compromettere la sopravvivenza. Non va taciuto che approfondendo l’anamnesi spesso la coppia e la famiglia si rivelano essere teatro di violenza e maltrattamenti. Nella stessa direzione ha agito il grande rilievo con cui i media dell’informazione e dello spettacolo trattano il tema della violenza sulla donna. Non altrettanto discussa è la violenza che – nella coppia e nella famiglia – si esercita in direzione opposta, da parte della donna nei confronti dell’uomo. Se la violenza fisica e sessuale – oltre che le forme più smaccate di violenza psicologica come il controllo, l’isolamento e l’intimidazione etc. – sembrano essere prerogative dell’esercizio della violenza “al maschile” le modalità più “femminili” come le limitazioni nel rapporto con la famiglia e gli amici, il controllo sull’uso del denaro, la svalorizzazione, le recriminazioni etc. appaiono più sottili e meno suscettibili di essere riconosciute come “violenza” integrandosi in quella particolare forma di controllo e gestione della famiglia che si ispira a un sistema di valori “matriarcali”. Nella nostra accezione parlare di matriarcato “non significa eludere, o peggio negare, che nel mondo patriarcale le donne spesso diventino vittime, emarginate o relegate ad ambiti di sottomissione … [bensì] dare voce a quel sotterraneo fenomeno che emerge nel nostro quotidiano lavoro clinico, ossia svelare le trame che spesso le madri tessono intorno ai loro figli in forma nascosta e che perpetuano uno status quo in cui gli uomini possono reagire con violenza, i figli scegliere strade psicopatologiche e le donne diventare sempre più incarnanti un’immagine inevitabilmente vittimistica”. Come sottolinea Elisabeth Badinter “… è raro che qualcuno si occupi della violenza femminile. Presso le femministe l’argomento è tabù. Rimane impensabile e impensato tutto ciò che diminuisce la portata del concetto di dominio maschile e dell’immagine delle donne come vittime.” (“La strada degli errori”, 2003)
Le difficoltà nei rapporti tra i partner o tra genitori e figli possono compromettere l’equilibrio complessivo della famiglia, fino a minacciarne la sopravvivenza. La stabilità della famiglia del resto in molti casi è messa a rischio da tutte le condizioni sfavorevoli che configurano la famiglia “multiproblematica”: povertà, difficoltà abitative, presenza nel nucleo di patologie fisiche o mentali, promiscuità, abusi. La precarietà delle costruzioni familiari e delle reti sociali di supporto richiedono la più precoce individuazione dei segnali di disagio per poter realizzare interventi tempestivi ed evitare che le situazioni degradino ulteriormente o, almeno, per limitare al massimo il danno, soprattutto nell’interesse dei figli minori. In ciò è importante il ruolo degli insegnanti che dal loro punto di vista privilegiato possono intuire il disagio dei loro allievi. E’ fondamentale un bilancio delle risorse di cui complessivamente la famiglia può disporre per superare le sue difficoltà. Spesso in caso di conflitto tra i coniugi avviene, viceversa, che i rispettivi clan familiari si compattino attorno alle ragioni dell’uno e dell’altro realizzando, all’opposto, un processo deleterio di dispersione e di “inversione di segno” delle energie disponibili. Anche in caso di emergenza familiare i nonni possono svolgere un altro ruolo chiave nell’interesse dei nipoti minori garantendone la continuità affettiva: si tratta di un esempio tangibile di rivalutazione della Terza Età come “collante sociale”. Problemi nuovi e complessi sono posti dalle famiglie allargate, con genitori omosessuali, monogenitoriali; dalle ragazze-madri che vivono rapporti discontinui, conflittuali e contraddittori con il padre del loro bambino e con i contesti familiari di provenienza; dai ragazzi-padri in uscita da separazioni onerose sia economicamente sia dal punto di vista affettivo-emozionale, spesso con la difficoltà a mantenere rapporti equilibrati con la prole e il rischio di subire processi di alienazione genitoriale. In questi casi le persone sperimentano “quote multiple di disagio” derivanti oltre che dalle proprie difficoltà personali dalle “aggravanti” specifiche di ognuna di queste situazioni particolari.Le difficoltà nei rapporti tra i partner o tra genitori e figli possono compromettere l’equilibrio complessivo della famiglia, fino a minacciarne la sopravvivenza. La stabilità della famiglia del resto in molti casi è messa a rischio da tutte le condizioni sfavorevoli che configurano la famiglia “multiproblematica”: povertà, difficoltà abitative, presenza nel nucleo di patologie fisiche o mentali, promiscuità, abusi. La precarietà delle costruzioni familiari e delle reti sociali di supporto richiedono la più precoce individuazione dei segnali di disagio per poter realizzare interventi tempestivi ed evitare che le situazioni degradino ulteriormente o, almeno, per limitare al massimo il danno, soprattutto nell’interesse dei figli minori. In ciò è importante il ruolo degli insegnanti che dal loro punto di vista privilegiato possono intuire il disagio dei figli. E’ fondamentale un bilancio delle risorse di cui complessivamente la famiglia può disporre per superare le sue difficoltà. Spesso in caso di conflitto tra i coniugi avviene viceversa che i rispettivi clan familiari si compattino attorno alle ragioni dell’uno e dell’altro realizzando, all’opposto, un processo deleterio di dispersione e di “inversione di segno” delle energie disponibili. Anche in caso di emergenza familiare i nonni possono svolgere un altro ruolo chiave nell’interesse dei nipoti minori garantendo la continuità affettiva: si tratta di un esempio tangibile di rivalutazione della Terza Età come “collante sociale”. Problemi nuovi e complessi sono posti dalle famiglie allargate, con genitori omosessuali, monogenitoriali; dalle ragazze-madre che vivono rapporti discontinui, conflittuali e contraddittori con il padre del loro bambino e con i contesti familiari di provenienza; dai ragazzi-padre in uscita da separazioni onerose sia economicamente sia dal punto di vista affettivo-emozionale, spesso con la difficoltà di mantenere rapporti equilibrati con la prole e il rischio di subire processi di alienazione genitoriale. In questi casi le persone sperimentano “quote multiple di disagio” derivanti oltre che dalle proprie difficoltà personali dalle “aggravanti” specifiche di ognuna di queste situazioni particolari.
I genitori sono messi a dura prova dal comportamento di un figlio o di una figlia adolescenti; talvolta si ritrovano alle prese con quadri “rari” e incomprensibili come l’hikikomori ovvero - in quanto affidatari - con la crisi di rigetto del figlio adottivo tanto desiderato. Essi sperimentano livelli elevatissimi di ansia ben consapevoli che la crepa manifestatasi nel rapporto con i figli tende velocemente a propagarsi all’intero edificio familiare anche perché, spesso, quella crepa lascia intravedere - dietro al problema del figlio - il logoramento e la crisi del loro rapporto. I tradizionali modelli sociali di riferimento per l’esercizio della genitorialità non sono più utilizzabili. I ruoli sono in crisi. Quello paterno, in quanto custode della regola e di limiti, è oggetto di contestazione e delegittimazione nell’assetto narcisistico ed edonistico della società attuale. Quello materno è declinato in termini di “cura” in linea con i valori del “matriarcato”. Nel nostro agire clinico ci ispiriamo viceversa a “… un’etica della cura, femminile e maschile, che stabilisca limiti e confini dell’agire materno e paterno per il benessere dei figli e delle famiglie in generale”.
L’associazione persegue il fine esclusivo della solidarietà umana per lo sviluppo di rapporti individuali e sociali basati sulla giustizia e sull’etica e per il superamento di tutte le forme di disagio relazionale.
A tal fine l’associazione svolge le attività previste dallo Statuto (art.4) prevalentemente finalizzate alla realizzazione di un sistema integrato di servizi sanitari nel quadro della sicurezza sociale e in particolare psicodiagnosi e psicoterapia; formazione permanente di operatori psico-sociali; contrasto alle dipendenze da sostanze e non; contrasto alla violenza di genere e allo stalking; presa in carico e trattamento di famiglie ad alta conflittualità, di genitori separati, del coniuge/genitore singolo, dei minori.
Opera sinergicamente con persone, associazioni, Enti pubblici locali aventi scopi analoghi o connessi: in particolare dal 2017, con Determinazione della Regione Lazio, l’associazione è iscritta nel registro regionale delle “Associazioni di Promozione Sociale” (APS) ai sensi della Legge Regionale 22/99 e successive modifiche e integrazioni.
Utilizza adeguati strumenti oggettivi di indagine clinica (test, questionari etc), tecniche e metodologie narratologiche, psicoeducazionali e comportamentali.
L’associazione è apartitica e aconfessionale ma condivide la concezione dell’esistenza di un ponte tra livello antropologico e dimensione metafisico-religiosa dell’essere umano (Bion) e opera, attraverso la sua attività clinica, per individuare elementi che ne certifichino l’esistenza e ne proseguano la ricostruzione.
Gli interessi clinici e di ricerca di RETLIS si estendono dalle analisi scientifiche delle Neuroscienze sul rapporto mente-cervello allo studio delle dimensioni religiose dell’essere umano, coniugando l’aspetto antropologico della Psiche con quello metafisico.
L’orientamento culturale dell’Associazione è rappresentato dalla Psicologia Analitica di Carl Gustav Jung dal punto di vista teorico e dalla Psicologia Comunicativa di Robert Langs dal punto di vista della metodologia clinica.
L’associazione è aperta a chiunque, persona fisica o giuridica, ne condivida i principi (art.5) e si impegni per la loro attuazione nel rispetto delle regole emanate dagli organi dell’associazione stessa (art.6).
Attraverso il Consultorio Beato Fra Gerardo, sono state affrontate diverse problematiche relative ai minori: - abusi; - affidamenti e adozioni; - separazioni conflittuali; - dipendenze (da sostanze e comportamentali) e altri comportamenti autolesivi; - bullismo (subito e/o agito); - disturbi del comportamento alimentare (DCA) - esordi psicotici. In ottica sistemica si tende a considerare anche il contesto familiare nel quale si colloca il minore portatore del sintomo. Spesso quindi avviene che oltre al minore viene presa in carico anche la coppia genitoriale, almeno per quanto riguarda la fase valutativa inziale. Questa presa in carico, a sua volta, deve considerare la natura del vincolo tra i genitori, formalizzato in un matrimonio (in corso, in crisi, finito) ovvero non formalizzato come accade nelle coppie di fatto in cui i figli naturali siano stati riconosciuti. Vi è poi il caso del “genitore superstite” che si verifica quando l’altro genitore non ha riconosciuto il figlio naturale. Si tratta di possibilità molteplici in cui alla situazione concreta si collegano tutta una serie di aspetti simbolici che operano nel determinare il malessere psicologico dei minori che ne sono vittime, spesso destinato a ad emergere in occasione di eventi traumatici o – come accade nel caso dei minori adottati – in fase adolescenziale quando si presenta con urgenza l’esigenza si “risalire alle proprie origini” e quindi “ai veri genitori”. Non di rado, attraverso questa modalità di “presa in carico congiunta”, si è in grado di focalizzare meglio e talora ridefinire i termini delle questioni come inizialmente proposti. Talora è un minore adultizzato a portare in causa un genitore – ad esempio ludopatico, per il tramite dell’altro genitore che il minore stesso ha attenzionato sul problema. Le differenze culturali evidenziate da nuclei familiari immigrati possono complicare ulteriormente gli scenari in cui si interviene. Frequentissimo, purtroppo, è il caso in cui nel conflitto coniugale i genitori perdano quasi del tutto di vista il benessere della prole e la sofferenza che essa in ogni caso patisce alla rottura della comunione genitoriale. In molti casi la multiproblematicità richiede, attraverso un attento lavoro di équipe, la definizione di strategie multilivello che consentano, nei limite del possibile, di produrre un cambiamento. In questi frangenti è fondamentale il lavoro di rete con i Servizi sociali territoriali che spesso rappresentano in queste vicende l’inviante e il soggetto cui riportare le azioni svolte e i risultati conseguiti. Per approfondire ulteriormente l’operatività assistenziale di RETLIS in tema di MINORI può consultare: - dal Main Menu i link LINEE DI ATTIVITA’ PREVALENTI, A CHI CI RIVOLGIAMO e CARTA DEI SERVIZI; - dal Sidebar Menu del sito i link collegati IL NOSTRO APPROCCIO - dal repertorio di “parole chiave” VIOLENZA, DIPENDENZE, BULLISMO, ABUSO, DISTURBO, SEPARAZIONE
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