PROFESSIONI

RETLIS ha vasta esperienza clinica delle tipiche patologie professionali che affliggono categorie quali i Sanitari – e in generale le Professioni di Aiuto; gli operatori della Sicurezza (Forze dell’Ordine, Vigili del Fuoco etc.) e della Difesa (FF.AA. etc.); i ruoli aziendali Manageriali e Operativi.
Chi è spesso chiamato ad agire in emergenza ne avverte il peso emotivo e psicologico solo dopo l'uscita dalla fase acuta di stress, accusando il colpo e avvertendo il bisogno di aiuto per un disagio emotivo, un'alterazione del ritmo del sonno, sensazioni sgradevoli di ansia o di preoccupazione.
Lo stress tipicamente correlato all’esercizio di queste attività espone gli operatori ad un degrado della loro prestazione lavorativa e sovente incide anche sulla qualità delle relazioni sociali e familiari portandole a logoramento.
Ma anche i contesti “normali” e in “tempo di pace” nascondono, tra le pieghe dell’organizzazione del lavoro, insidie atte a incrinare l’equilibrio delle persone, siano esse manager o operativi, come nel caso del mobbing.
Spesso nelle coppie in fase di separazione queste difficoltà lavorative acuiscono la conflittualità, anche per l’indurimento emotivo dei protagonisti, in parte derivante dall’attualità della loro specifica vicenda, in parte derivante dall’accumulo di scorie tossiche non metabolizzate da stress lavoro correlato, mobbing, burnout che si sono accumulate negli anni; tipicamente la prole ne paga le conseguenze peggiori.
Talora stress e dolore vengono fronteggiati attraverso il ricorso all’abuso di sostanze.
Nel corso della loro esperienza i professionisti di RETLIS hanno trattato forme specifiche di disturbi dell’adattamento riscontrabili in ambito lavorativo : casi di stress-lavoro-correlato; patologie mobbing-correlate; disturbo post traumatico da stress anche nella forma specifica, recentemente codificata in letteratura, del “post-traumatic- embitterment-disorder” (PTED) che si sviluppa spesso in caso di eventi negativi che “aamareggiano la vita” (conflitti sul posto di lavoro, licenziamento etc.).
La provenienza dei professionisti di RETLIS sia dalla clinica sia al mondo del lavoro e delle organizzazioni favorisce, anche attraverso il lavoro di équipe, una migliore sintonia con le difficoltà lamentate dai pazienti consentendo un migliore inquadramento in modo da identificare quanto, nelle difficoltà delle persone, sia ascrivibile agli effetti del contesto organizzativo e quanto a una base-line patologica eventualmente pre-esistente.
La sintonia con questo tipo di malessere psicologico è favorita inoltre anche dall’esperienza nella “psicologia dell’emergenza” ovvero nel supporto psicologico offerto sul campo sia alle vittime di eventi catastrofici sia ai soccorritori – volontari della protezione civile o professionisti, spesso appartenenti alle suddette categorie professionali.
Per approfondire ulteriormente l’operatività assistenziale di RETLIS in tema di PROFESSIONI può consultare:
- dal Main Menu il link LINEE DI ATTIVITA’ PREVALENTI, A CHI CI RIVOLGIAMO;
- dal Sidebar Menu il link APPROFONDIMENTI;
- dal repertorio di “parole chiave” BURNING-OUT, AZIENDALE, STRESS, MOBBING, ISTITUZIONALE

 

 

 

 

PROFESSIONI DI AIUTO

Il burnout è un insieme di sintomi che deriva da una condizione di stress cronico e persistente, associato al contesto lavorativo.
E’ stato particolarmente studiato in campo sanitario come reazione difensiva attraverso cui gli operatori esposti a contatto prolungato con la sofferenza e la morte si isolano dalle conseguenze dello stress emotivo mediante una corazza di indifferenza e cinismo che in tal modo diventa “un mezzo per assicurare a se stessi che sono realmente normali”.
Un illustre antecedente di questa tendenza, in campo analitico, è data appunto dalla definizione di “sadico sublimato” coniata da Freud per il chirurgo “veramente abile” – per quanto in questo caso la pulsione sadica rappresenti piuttosto un presupposto della scelta professionale più che una difesa dal sovraccarico emotivo cui tale scelta espone (il che vale- a detta dello stesso Freud – anche per gli psichiatri che prendono una tale specializzazione “per il fatto che non si sentono normali”)..
La recente esperienza della pandemia ha evidenziato questa situazione di sovraccarico in capo agli operatori sanitari e non solo a quelli impegnati in prima linea negli ospedali.
Si tratta di un fenomeno presente anche nelle fasi non emergenziali e ben noto all’interno delle organizzazioni sanitarie (ospedali, cliniche, ASL) che da tempo ne hanno preso consapevolezza attivandosi di conseguenza a tutela degli operatori con attività di prevenzione, formazione e sportelli di ascolto psicologico.
Sul pubblico incombe l’ombra della “malasanità” evocata a proposito e sproposito in molti casi oltre al rischio – esteso ormai alla stessa sfera dell’incolumità fisica – come nel caso degli operatori di PS in certi presidi ospedalieri “di frontiera”.
Né il settore privato – a partire dai medici di base – è naturalmente esente dal problema.
Sul privato incombe il rischio della denuncia per incompetenza o abuso – come nel caso dei ginecologi ingiustamente denunciati per molestie da loro pazienti mitomani.
Così i pediatri di famiglia descrivono l’esperienza attraversata durante l’emergenza Covid 19: “razionalmente va tutto bene, ma chi è stato chiamato ad agire in emergenza, in un clima di totale disorientamento professionale, dove tutto era sovvertito rispetto al passato (basti pensare all'indicazione ricevuta di non visitare i pz febbrili: l’esatto opposto di ciò che abbiamo sempre fatto!), proprio ora potrebbe avvertire, in modo più consapevole, il peso emotivo e psicologico di quello che è accaduto, che ha subìto e che tuttora è presente come minaccia nascosta e incombente”.
Quando si deve affrontare concretamente un problema e risolverlo, nella fase acuta di stress, la capacità autoriflessiva (di pensare consapevolmente a ciò che sta accadendo) si assottiglia perché, essendo concentrati sul presente e su quel che si è chiamati a fare, "non ci si rende conto" di quello che emotivamente sta succedendo.

Sia in emergenza sia in tempo di pace tutto ciò avviene più volte ogni giorno –paziente dopo paziente, terapia dopo terapia- anche se si è tra le quattro mura del proprio studio e riguarda medici, infermieri, operatori socio-sanitari, personale ausiliario di strutture assistenziali.

Un altro stressor, tipicamente collegato all’esercizio della professione medica, soprattutto in tempi recenti, è costituito dai molteplici profili di responsabilità collegati alla violazione dell’obbligo di protezione verso il paziente e di tutela della sua salute al di là dell’unico obbligo del “neminem ledere” che intercorre tra due persone qualunque che si incontrano casualmente (responsabilità cd “da contatto sociale qualificato”).
A valle di questa esposizione prolungata a fattori stressanti gli operatori sanitari possono avvertire il bisogno di aiuto per un disagio emotivo che può manifestarsi attraverso una molteplicità di sintomi.
In occasione dell’emergenza della pandemia RETLIS ha attivato, d’intesa con la Federazione Nazionale dei Medici Pediatri, un servizio di consulenza psicologica a distanza (attraverso telefono o videochiamata) rivolto a tutti coloro che avvertissero il desiderio di un maggiore contatto con la propria interiorità e il proprio malessere, nel massimo rispetto della privacy.
Qualora si trovasse in questa condizione e fosse un operatore sanitario non esiti a contattarci.

 

 

 

DIFESA E SICUREZZA

Gli operatori dei settori di Difesa e Sicurezza, soprattutto se impegnati in ruoli e strutture operativi - o addirittura impegnati in teatri di operazioni – possono disporre di servizi di supporto psicologico gestiti dai corpi o enti di appartenenza: si tratta di professionisti altamente specializzati in grado di supportare in modalità estremamente mirata le specifiche esigenze di questa utenza.
Pensiamo agli Psichiatri e Psicologi inquadrati nelle Forze Armate e nei Corpi Armati dello Stato.
Nella esperienza clinica di RETLIS spesso molte di queste persone sono tuttavia riluttanti a fruire del sostegno offerto dall’ente di appartenenza, a volte per la stigmatizzazione che si pensa ne derivi nell’ambiente.
In molti casi il sostegno è del tipo cognitivo-comportamentale, sicuramente utile sul piano della ristrutturazione dei comportamenti coscienti disfunzionali, probabilmente meno incisivo sulle dinamiche che dal profondo incidono sui trend evolutivi delle persone da un punto di vista psicologico.
Talvolta invece le problematiche non nascono da eventi collegati al lavoro e – a maggior ragione – o non vengono espresse o vengono confidate ad amici.
In molti casi di operatori di questo settore trattati da RETLIS l’inviante era un amico con cui l’interessato di era confidato.
Gli operatori della sicurezza privata al contrario generalmente non ricevono dalle organizzazioni per cui lavorano questo tipo di supporto a fronte di un analogo rischio di disagio psicologico.
Una guardia particolare giurata, ad esempio, in genere, si trova in questa condizione.
Nell’esperienza clinica non è raro il caso di operatori di questo settore che, nel tentativo di fronteggiare lo stress o anche di automedicarsi per una sofferenza emotiva, abusino di sostanze o attuino condotte devianti anche sul lavoro, destabilizzandosi inoltre nelle relazioni sociali e familiari.
In tutti questi casi una struttura come RETLIS può rappresentare un riferimento utile per esplorare le possibilità di aiuto.
In queste figure, come del resto in quelle degli operatori sanitari e assistenziali, si realizza talora la convergenza di sofferenze che si generano su piani diversi – dello stress-lavoro-collegato, di difficili rapporti con colleghi o superiori, di relazioni personali o familiari insoddisfacenti o conflittuali.
Anche l’esercizio di queste professioni, come di quelle di aiuto, a maggior ragione quando si accompagni a una scelta vocazionale, si presta a una lettura in termini di sublimazione.
Pulsioni non accettabili vengono “cambiate di segno” (da negativo a positivo) e dopo la conversione utilizzate in situazioni socialmente e umanamente accettabili.
Ad esempio – appunto - svolgere una professione in cui si usano armi o violenza in maniera accettata (es. militare, pugile) o violenza simulata o simboleggiata ma in realtà non vera (es. chirurgo ma anche attore, gioco di ruolo, scrittore, regista etc. tutte professioni basate sulla finzione e dissimulazione).[53]
in tal modo la primitiva aggressività viene temperata e controllata, senza che le istanze di autocontrollo reprimano in maniera eccessiva, per annullarla, questa energia, provocando così le malattie psichiche, come la nevrosi, oppure le devianze (perversione, feticismo, asessualità
Da un punto di vista psicodinamico un lavoro importante consiste nel dipanare queste matasse esistenziali aggrovigliate individuando un possibile bandolo dal quale le persone possano ripartire.

RUOLI MANAGERIALI ED OPERATIVI

Gli studi degli psichiatri sono pieni di manager validissimi che a 50-55 anni sono considerati vecchi dal sistema produttivo nonostante che ormai un uomo e una donna conservino una buona operatività fino ai 75 e - coerentemente – l’età pensionabile sia stata allungata fino ai 67 anni.
Magari i più anziani hanno maggiori difficoltà di un giovane a tenersi aggiornati sull'informatica, ma sono è probabile che siano più profondi e sintetici e abbiano sviluppato con l’età nuove qualità
Le pagine dei giornali, all’epoca del corona virus, titolano sugli “invisibili”: infermieri e inservienti che consentono agli ospedali di funzionare; tecnici, operai e impiegati che mandano avanti le fabbriche stando dietro a torni, presse, altiforni; autisti e addetti alla logistica che movimentano le merci; cassiere nei supermercati; chi si occupa di gas ed elettricità, braccianti, badanti etc.
Dai ruoli manageriali a quelli intermedi e operativi il mondo del lavoro dipendente – alienato e precario - racchiude e genera meccanismi e situazioni di profondo disagio psicologico associate alla fatica e all’incertezza del domani
Gli strati giovanili della popolazione ne patiscono in modo particolare essendo già afflitti da problematiche che li riguardano, per così dire, a prescindere dalla condizione lavorativa, come la difficoltà a diventare adulti, la superficialità e conflittualità delle relazioni (familiari, sociali etc.), le tendenze edonistiche e narcisistiche
Da parte loro le organizzazioni (aziende, enti, studi professionali etc.) anziché rappresentare contenitori tesi a valorizzare attraverso il lavoro il talento individuale pare spesso che si appoggino al lato “ombra” delle persone – agli aspetti più oscuri collegati alla dimensione patologica di ciascuno di noi – diventando arene per conflitti che alla lunga minano la loro stessa sopravvivenza e – nel frattempo - compromettono l’equilibrio psicoaffettivo dei loro membri.
Nè chi le governa sembra consapevole di queste dinamiche autodistruttive che – a livello individuale – si manifestano attraverso quadri, in generale a sfondo ansioso-depressivo ma di gravità e articolazione variabili
Il legislatore ha preso atto di questa evoluzione inserendo tra i fattori di rischio previsti dal Decreto Legislativo 81/08 uno specifico profilo relativo allo stress lavoro-correlato.
Viceversa ad oggi nell’ordinamento italiano ancora non esiste una disciplina specificamente dedicata al fenomeno del mobbing, inizialmente descritto e studiato da sociologi e psicologi, consistente in condotte vessatorie poste in essere sul luogo di lavoro, al fine di colpire ed emarginare la persona che ne è vittima, sia essa un pari grado, un subordinato o un superiore gerarchico.
Infatti non è raro il caso di “capi” che subiscano il boicottaggio dei collaboratori: è il cd “mobbing dal basso” di cui possono essere vittime un capoufficio, un dirigente, un manager, un ufficiale nelle forze armate, il titolare di uno studio professionale, il primario di un reparto ospedaliero.
Non tutti possono permettersi la cura: RETLIS attraverso il suo consultorio è in grado di offrire gratuitamente le fasi preliminari di valutazione del problema (diagnosi) e di orientamento e bilancio delle competenze ai fini di una successiva terapia, necessariamente a carattere oneroso per il paziente.
Un’opportunità che – laddove si trovi in difficoltà e appartenga al mondo del lavoro - potrebbe cogliere contattandoci.

 

COPPIA

Nella pratica clinica talora la coppia si presenta in quanto tale, per un problema che riguarda i partner e la crisi della loro relazione affettiva, sentimentale, sessuale oppure la loro genitorialità, messa alla prova dal comportamento di un figlio o di una figlia problematici.
La coppia si presenta, in genere, quando la crisi è già in atto e la domanda varia dalla richiesta di mediazione familiare alla terapia “di coppia” che aiuti a superare il momento di stallo.
In molti casi la crepa manifestatasi nel rapporto tra i partner o tra genitori e figli tende velocemente a propagarsi all’intero edificio familiare, con il rischio di fratture irreversibili e talora esplosive che ne possono compromettere la sopravvivenza.
Non va taciuto che approfondendo l’anamnesi spesso la coppia e la famiglia si rivelano essere teatro di violenza e maltrattamenti.
Nella stessa direzione ha agito il grande rilievo con cui i media dell’informazione e dello spettacolo trattano il tema della violenza sulla donna.
Non altrettanto discussa è la violenza che – nella coppia e nella famiglia – si esercita in direzione opposta, da parte della donna nei confronti dell’uomo.
Se la violenza fisica e sessuale – oltre che le forme più smaccate di violenza psicologica come il controllo, l’isolamento e l’intimidazione etc. – sembrano essere prerogative dell’esercizio della violenza “al maschile” le modalità più “femminili” come le limitazioni nel rapporto con la famiglia e gli amici, il controllo sull’uso del denaro, la svalorizzazione, le recriminazioni etc. appaiono più sottili e meno suscettibili di essere riconosciute come “violenza” integrandosi in quella particolare forma di controllo e gestione della famiglia che si ispira a un sistema di valori “matriarcali”.
Nella nostra accezione parlare di matriarcato “non significa eludere, o peggio negare, che nel mondo patriarcale le donne spesso diventino vittime, emarginate o relegate ad ambiti di sottomissione … [bensì] dare voce a quel sotterraneo fenomeno che emerge nel nostro quotidiano lavoro clinico, ossia svelare le trame che spesso le madri tessono intorno ai loro figli in forma nascosta e che perpetuano uno status quo in cui gli uomini possono reagire con violenza, i figli scegliere strade psicopatologiche e le donne diventare sempre più incarnanti un’immagine inevitabilmente vittimistica”.
Come sottolinea Elisabeth Badinter “… è raro che qualcuno si occupi della violenza femminile. Presso le femministe l’argomento è tabù. Rimane impensabile e impensato tutto ciò che diminuisce la portata del concetto di dominio maschile e dell’immagine delle donne come vittime.” (“La strada degli errori”, 2003)

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